C’era una volta la camera oscura: ingranditore, pinze, bacinelle e… ore di trattative con i famigliari per poterci impossessare del bagno e trasformarlo nel nostro laboratorio privato.
La tecnologia odierna ci ha semplificato parecchio la vita: sono numerose le stampanti che – senza bisogno di chiudersi in un locale buio! – possono realizzare magnifiche stampe delle nostre migliori fotografie.
Ma per quanto importantissima, questa non è l’unica miglioria concessa dalle nuove tecniche: se una volta la scelta supporto era limitata a “carta lucida” o “carta opaca”, oggi abbiamo solamente l’imbarazzo di scegliere da una gamma pressoché infinita.
Cerchiamo allora di capire quali sono i tipi di carta e come sceglierli.
Dobbiamo innanzitutto dire che tutte le carte per la stampa inkjet – anche quelle con un aspetto simile alla “carta comune” – hanno una finitura superficiale (coating) adatta a ricevere l’inchiostro mantenendo la nitidezza della stampa. L’inchiostro stampato su carte non pensate per la stampa inkjet si spanderà nelle fibre, dando origine a stampe “sbavate”.
Le carte possono essere catalogate secondo diversi parametri, quali aspetto, struttura, peso, finitura, ma proviamo innanzitutto a suddividerle in due grandi famiglie.
Una prima macrocategoria è quella delle carte “fotografiche”. Si tratta di carte messe a punto a partire dagli anni ’90 il cui strato ricevente dell’inchiostro può essere di polimeri organici (carte “swellable”, compatibili con inchiostri a base acqua) o microceramico (“nanoporous” compatibile anche con gli inchiostri a pigmenti e ad asciugatura immediata). La loro finitura superficiale può essere lucida, semilucida, perla… esattamente come quella delle carte offerte dai laboratori tradizionali, delle quali riproducono fedelmente l’aspetto. L’offerta dei produttori è veramente ampia e queste carte sono disponibili in pesi che vanno dai 160 ai 300 e più grammi per metro quadro. Inutile dire che i cartoncini sopra i 260-270 g/mq sono quelli che conferiscono una piacevolezza anche tattile alle nostre fotografie. Possono poi avere una struttura “politenata” (resin coated o RC in inglese), dove la base di carta è protetta da due strati plastici, o “baritata”, dove la base di carta, realizzata con materie prime di alta qualità, è trattata con solfato di bario per ottenere una tonalità perfettamente bianca.
Questi supporti mantengono un’ottima stabilità dimensionale anche quando vengono stampati con elevata quantità d’inchiostro: non si deformano e non si ondulano.
Una seconda macrocategoria è quella delle carte “matt” o opache. Anch’esse hanno un apposito strato ricevente dell’inchiostro, ma il loro aspetto è sempre tendenzialmente opaco: più simile alle carte da disegno che a quelle fotografiche. Possono essere realizzate con materiali più o meno pregiati: dalla comune cellulosa, all’alfacellulosa sino alle fibre di cotone, bambù o gelso per i supporti dedicati al cosiddetto fine-art.
La qualità del materiale usato per la base influisce sia sulla qualità della stampa che sulla sua longevità: le carte più prestigiose sono solitamente realizzate in modo da essere totalmente neutre in modo da non far degradare la colorazione degli inchiostri.
Come per le carte fotografiche, il peso gioca un importante ruolo nella piacevolezza non tanto visiva quanto tattile delle nostre stampe. Un cartoncino da 300-320g/mq sarà anche piacevolmente “palpabile”. Un’altra importante caratteristica che, insieme al peso, rende unica ogni carta di questa famiglia è la finitura superficiale, nota con il nome di “texture”: difficile descriverla a parole. Si passa da carte opache, ma lisce come una buccia di pesca a carte con una goffratura evidente in grado di riprodurre l’aspetto di un muro o di un acquarello.
Proprio perchè le carte non si possono raccontare e a parole la scelta può essere ardua, i principali produttori come la tedesca Hahnemühle e l’americana Moab realizzano delle apposite confezioni di test, i sample pack.
Questi kit contengono uno o due fogli di ciascuna delle numerose carte offerte dal brand al fine di poter scegliere, toccare con mano, quella più adatta alle nostre esigenze tecniche ed artistiche.
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