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L’importanza del diaframma

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PUBBLICATO IL: 12 Aprile 2018

Nell’articolo precedente abbiamo definito i tre parametri da padroneggiare, in funzione della quantità di luce presente sulla scena, per realizzare delle fotografie correttamente esposte. Abbiamo anche visto quali sono le impostazioni per dare priorità ad uno di questi valori e lasciar calcolare gli altri alla macchina fotografica.



Dovremmo anche aver capito che, se l’unico fine è quello di esporre correttamente le nostre immagini, le combinazioni possibili di sensibilità, tempo di scatto e diaframma sono veramente numerose. Perché allora preoccuparsi di scegliere un particolare tempo o un particolare diaframma?

Se la scelta del tempo di scatto influisce su come la nostra immagine registrerà il movimento, un valore di diaframma più aperto o più chiuso ci permetterà di gestire le zone nitide e le zone sfuocate.

Ma partiamo dall’inizio…

Il diaframma

Il diaframma è un elemento meccanico presente nell’obiettivo della macchina fotografica, per la precisione in quello che viene chiamato “centro ottico” della lente. La sua funzione è quella di variare il diametro del foro attraverso cui passa la luce che colpirà il sensore.

La scala che indica le aperture di diaframma è composta da strani valori numerici, preceduti dal simbolo f/, che spesso, per praticità, sulle fotocamere viene emesso:

f/1 — f/1,4 — f/2 — f/2,8 — f/4 — f/5,6 — f/8 — f/11 — f/16 — f/22 — f/32  eccetera

 

 

Perché una scala così strana e poco intuitiva e, soprattutto, cosa significa il simbolo f/?

Lo scopo di questi numeri è quello di indicare in modo omogeneo la “quantità” di luce che transita nell’ottica e che quindi sarà in grado di fornire lo stesso valore di esposizione anche con obiettivi di lunghezza focale diversa. Per fare ciò, dovremo indicare l’apertura in funzione della lunghezza focale, e il simbolo f/ sta proprio ad indicare quest’ultima.

Proviamo ad esemplificare:

  • l’“apertura relativa” del diaframma corrispondente a f/2 di una lente con lunghezza focale 100mm avrà un diametro nominale di 50mm: 100mm/2 (cioè f/2) = 50mm
  • la stessa “apertura relativa” per un’ottica da 50mm sarà di soli 25mm: 50mm/2 = 25mm.

Questo, tra le altre cose, ci spiega perché i teleobiettivi “luminosi”, quindi capaci di ampie aperture di diaframma, abbiano sempre dimensioni e pesi considerevoli.

Così come accade per i tempi, la scala sopra indicata riporta solo incrementi interi di 1 stop. Non è raro trovare fotocamere che consentano di impostare anche scatti di mezzo stop o di 1/3 di stop per una più precisa regolazione.

La regolazione del diaframma è un elemento importantissimo: ci consente, tra le altre cose, di decidere l’estensione della porzione di immagine da registrare nitidamente.

 

A cosa serve il diaframma

Negli articoli precedenti lo abbiamo paragonato ad un rubinetto che, a seconda del grado di apertura, lascerà passare un flusso d’acqua più o meno copioso.

Dal punto di vista dell’esposizione, pertanto, il suo uso risulta abbastanza intuitivo:

  • La scena è molto illuminata? Chiuderò il diaframma (valori alti: 11, 16).
  • Devo scattare con poca luce? Lo aprirò fin che il mio obiettivo me lo consente (2,8, 2 o anche di più).

Da un punto di vista più “artistico” però, il diaframma ci consente anche di decidere l’estensione della porzione di immagine da registrare nitidamente: in una parola, anzi due, la profondità di campo.

Ogni obiettivo può essere messo a fuoco ad una particolare distanza e, da un punto di vista squisitamente teorico, solo gli oggetti presenti a tale distanza verrebbero riprodotti nitidamente. Nella pratica, invece, la zona nitida si estende anche un po’ prima ed un po’ dopo il piano di messa a fuoco fissato, e l’impiego di un valore di diaframma più o meno chiuso ci consente di regolare quanto questa zona di nitidezza debba estendersi.

Lo scatto con un obiettivo particolarmente “luminoso”: 50mm f/0,95 – La profondità di campo è talmente ridotta, che solo uno dei due occhi del soggetto risulta a fuoco.

L’uso di un diaframma aperto comporterà una ridotta profondità di campo. L’immagine sarà nitida solo sul piano focheggiato, e le altre zone diverranno subito sfuocate. Una regolazione di questo tipo può essere utile per isolare il soggetto dallo sfondo, staccandone i piani.

 

Lo scatto con un 200mm a f/2.8 consente di “staccare” il soggetto dallo sfondo, che risulta intuibile ma sfuocato per non distrarre l’attenzione.

 

Al contrario l’uso di un diaframma chiuso massimizzerà la profondità di campo, utile quando il soggetto si estende lungo l’asse di ripresa o quando si vogliono registrare in modo nitido elementi presenti su diversi piani della scena.

 

Lo scatto con un grandangolo ad f/11 consente di avere nitidamente a fuoco un’ampia porzione di spazio, dal primo piano allo sfondo.

 

Anche in questo caso, l’utilizzo di un diaframma chiuso a f/16 consente di poter leggere sia i soggetti vicini alla fotocamera che quelli sullo sfondo.

L’importanza del diaframma

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